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Original text "Un înger" written in RO by Anna Kalimar,
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Published in edition #1 2017-2019

Un angelo

Translated from RO to IT by Maria Alampi
Written in RO by Anna Kalimar

– Sssh, guarda che viene. 
Le persone trattengono il respiro e non si muovono, raccolte nell’an drone. Davanti a loro, passa una donna dentro un soprabito verde, con  borsa, scarpe e guanti di pelle di serpente. I suoi tacchi emettono un suono  acuto e dai suoi capelli, stretti in uno chignon, pendono alcune ciocche.  L’area pedonale è piena di gente, uscita a far compere, ma la donna è una  nota discordante, col suo lusso fuori dal comune. Nonostante ciò, nessuno  le fischia, anzi alcune persone si spostano dalla sua strada quando la  vedono arrivare. 
– Dai, ora, – bisbiglia l’uomo più grande all’altro e i due sgattaiolano  dietro di lei. 
La seguono da una distanza sufficiente, mischiandosi tra la folla, coi  loro jeans strappati e le loro giacche di panno. 
– Che ne pensi? 
– Non saprei che dire… Dove credi che stia andando? 
– Non ne ho idea. Ma lo scopriremo. 
La donna si è fermata a una bancarella e sta comprando dei fichi  secchi. Gli uomini si fermano anch’essi circa dieci metri più indietro e  prendono un caffè. Il più grande ha circa trentacinque anni, invece l’altro  sembra cinque anni più giovane, o forse anche di più. Entrambi sono ca stani e hanno occhi bruni e sono appena usciti dal barbiere. 
– Ecco che torna, – mormora tra i denti il mezzano ed entrambi ruo tano le spalle verso la donna.  
– Ti ha visto?! 
– Non lo so, ma si è voltata all’indietro e sono stato preso dal panico! – Comportati normalmente, non sa chi siamo. Basta solo non farle  capire che la stiamo seguendo. 
– Si, ma… 
– Restiamo ancora tre secondi, poi partiamo. 
La donna parte portandosi la busta di carta con la frutta e il cielo  inizia a imbrunire. Poco dopo, piove. 
Accanto alla donna è apparso dal nulla un uomo in soprabito, il  quale la ripara con un grande ombrello nero.  
– Mmm, sì. 
– Che facciamo? Procediamo? 
– Eh, non abbiamo fatto nulla. 
– E che vuoi, che stiamo dietro a lei giorno e notte? 
– Mmm, sì. 
Inizia a piovere abbondantemente e gli uomini si infilano il  cappuccio. 
– Bene dai, torniamo.

Gli uomini fanno marcia indietro e dopo aver cambiato alcune stra dine entrano in un piccolo locale e si siedono al bar.  
– Due con tutto, uovo extra e due pinte! 
Il padrone fa cenno con la testa in silenzio e scompare dietro la  tenda. Da un vecchio giradischi si sentono i Beatles e tre tavoli più in là,  uomini di media età zuppi di pioggia sorseggiano una zuppa. Davanti al  padrone, un’adolescente accigliata con degli pantaloncini sudici, gli mette  davanti quei due boccali di birra con troppa schiuma. 
– Mmm, sì. 
L’uomo più giovane sospira. Pensava sarebbe stato più semplice. Il  padrone gli porta due ciotole grandi, fumanti, ognuna con tre metà di  uovo bollito e marinato. 
– Signor Takashi, sa chi è Milena Blok? 
Il padrone lo fissa a lungo e gira la testa insoddisfatto:  
– Ero pronto a chiudere tre volte fino ad ora, – gesticola per il locale.  – Ma Milena ha pagato per me. 
– È vero che pagano tutti? – chiede l’uomo più grande.  
Il padrone solleva le spalle. 
– Chi paga non ha problemi. Se ci sono problemi, Milena li risolve. Il giovane beve mezza birra e poi chiede: 
– È vero che ha ucciso il marito? 
– Se ci sono problemi, Milena li risolve. Il padrone sorride e torna indietro,  lasciando quei due tonti a guardare la zuppa, mentre la pasta si gonfiava. La  ragazza gli riempiva le birre senza più chiederlo. 
Fuori c’è una pioggia torrenziale e i negozi hanno già acceso i neon. Quei  due corrono con le loro scarpe da tennis bestemmiando fino a casa. – Hai trovato un ottimo momento per iniziare a fumare. 
Il giovane soffia il fumo di una sigaretta di contrabbando dalla fine stra aperta. La piccola camera, coperta da un vecchio tatami, è riscaldata  dalla luce rossa dell’insegna dell’hotel dall’altra parte della strada e il davan zale di legno è umido. È piena di scatole di birra vuote e di imballaggi.  Come mobilio c’è soltanto un piccolo divano, un tavolo con due sedie e  materassi arrotolati in un angolo.  
– E quando vorresti che fumassi?  
– Mmm, sì. 
Un’aria pulita e fresca inonda la camera e l’uomo più grande, seduto su  uno sgabello, fissa il vuoto.  
– Lo chiamiamo un’altra volta? 
– Così, senza nulla di concreto? Hai visto cos’ha fatto l’ultima  volta… Lui dice di dover andare fino in fondo e di non rompergli le palle.  Ancora non capisce con chi ha a che fare.

– Ho sentito che ieri l’hanno di nuovo sbattuto fuori dalla sala  giochi. 
– Lo fa a pezzi! Grida l’uomo più grande, battendo un pugno sul  tavolo. 
– Beh e cosa vuoi che facciamo? Non vedi che non ascolta né i suoi,  né nessun altro?  
Fuori ci sono i fulmini. 
– Lo mettiamo in carcere, – dichiara l’uomo più grande. 
– Vuoi che chiudiamo nostro padre in carcere, – ripete il fratello  piccolo. 
– Non per molto. Giusto il tempo che questa cosa finisca. Poi gli  tornerà il senno. 
Il fratello piccolo increspa la fronte. 
– Non resisterebbe neanche un giorno senza bere. 
– Ma sì. Se la caverà. Rubiamo il portafoglio ad uno scemo, glielo  mettiamo nella tasca e zac! Denuncia, vacanzina e problema risolto. – E credi che Milena non risolverà anche lei il problema? 
I fratelli finiscono le sigarette in silenzio, fissando le ombre di una  coppia che fa sesso nell’hotel di fronte.  
– Andiamo al lavoro. 
– Dai. 
L’alba gli secca il sudore, davanti alla porta del deposito, mentre  bevono cola. Nel cielo ancora coperto dalle nuvole penetrano i raggi aran cioni del sole. Un autobus arrugginito gli passa davanti e il conducente  suona il claxon a lungo. La gente esce dal deposito e sale in macchina scalpi tando. I fratelli si guardano l’un l’altro, e ritirandosi le gambe salgono  anche loro sull’autobus e si agganciano al corrimano. Non c’è più un posto  libero. Il fratello più grande stringe la mano all’asta, tutto aggrottato. Il fra tello piccolo si appisola. 
Giunti a casa, distendono i materassi per terra e ci si buttano su. La  finestra senza tapparelle inonda la camera di luce, ma in pochi minuti già  russano entrambi. Nell’hotel di fronte, la coppia fa colazione in camera. – Sì! Sono Ron! 
Il fratello piccolo trasale, risvegliato bruscamente dalla stridente  suoneria del cellulare. 
– Che? Come? 
Spalanca gli occhi. Brontola qualcosa di incomprensibile. Getta il  telefono sul pavimento e inizia a scuotere il fratello più grande, che sta  ancora dormendo. Gli sussurra qualcosa e anch’egli trasale dal letto. I due  tolgono tutto dall’armadio e litigano per l’unico paio di jeans integri. Ron  che è più svelto li indossa per primo, mentre suo fratello si mette una cami cia. Entrambi iniziano a ringhiarsi contro, tirandosi dai vestiti.

Con i cerchi agli occhi e con i volti ancora umidi e accaldati, gli  uomini col rischio di essere visti, fanno affari con un mendicante vecchio e  sciancato, appoggiato ad un muro sulla strada principale. Il mendicante,  brontolando, gli porge qualche banconota grossa tirata fuori da una tasca  interna.  
Il fratello più grande dà un colpo sul braccio all’altro. Gli uomini si infilano  dentro un negozio e quando vi escono portano dei pantaloni di stoffa eco nomici, cinture false, camicie bianche e cravatte. Ron ne ha una azzurra a  pois e suo fratello una a righe gialle. Da un negozio di calzature di seconda  mano escono con due paia di scarpe sgualcite che lucidano con un intero  tubetto di crema seduti su dei gradini. 
– Questo è quanto. 
– Sì. 
– Ci siamo mossi troppo lentamente. 
I fratelli fumano accanto alla statua equestre della piazza centrale. – Questa è stata la sua sorte. Quando la malasorte ti segue non hai  che farci. 
A Ron si inumidiscono gli occhi. 
– Perché cazzo è dovuta andare così… non poteva stare nella sua  banca e poi così velocemente! 
– Arriva. 
Verso di loro si sta dirigendo Milena, con scarpe, borsa e guanti di  pelle di serpente, diverse da quelle del giorno precedente. Accanto a lei  cammina un uomo alto, di circa sessant’anni. L’uomo porta un abito di  seta con tre righe e un pantalone di lana grigio, un cappello gessato e sor ride allegramente.  
I suoi capelli brizzolati sono raccolti in un codino, cammina energi camente a tempo, in modo che lei rimanga attaccata al suo braccio. – Ti ho detto che ho i bambini più belli del mondo… ebbene eccoli! I fratelli deglutiscono in modo secco. Milena li misura con un’oc chiata benevola.  
– Il più grande, Cristof, e il piccolo, Ron, – dice l’uomo gestico lando verso di loro.  
Milena dà la mano a entrambi, la sensazione della pelle di serpente  causa loro dei brividi lungo la colonna vertebrale.  
– Piacere di conoscervi, – dice lei guardandoli dritti negli occhi. I  fratelli seppero così che lei li aveva visti il giorno precedente.  – Milena ci porta alla steak house per festeggiare le nozze. Domenica  dopo il lavoro partiremo per i Caraibi. 
Come dei detenuti condannati al patibolo, i fratelli seguono  quell’allegro padre e la fidanzata-serpente a piccoli passi, come volendo fug gire ma senza avere dove farlo. La gente si scansava dalla loro strada. 

– Non lo sopporterà neanche due settimane, – mormora Ron.  Cristof lo guarda senza proferire parola.  
– Credi che lo darà in pasto agli squali ai Caraibi? 
– Mmm, sì. 
Le fritture sono deliziose e lo champagne è abbondante. Il loro  padre è già roseo in faccia e i fratelli si scambiano sguardi preoccupati.  Milena non dà alcun tipo di segno di cedimento allo champagne. I fratelli  sorseggiano prudentemente e non la perdono di vista.  
– Eh, papà… – iniziò Ron. – Perché non ci dici come vi siete cono sciuti? 
Il padre lancia una grassa risata. 
– Storia fantastica! Canticchiavo per strada e improvvisamente sono  entrato alla sala giochi e ho perso tutti i soldi! Ahah! Milena mi ha trovato  lì e ha pagato per me, poi mi ha portato a casa sua. Un angelo! Dappertutto  ha pagato per me! Mi sono detto “Jean, una donna così non la troverai mai  al mondo”, e immediatamente sono andato a prendere un anello e a chie derle di sposarmi! 
I fratelli hanno il broncio, ma non possono comunque commentare  nulla, perché Milena è ovviamente lì. Sembra che scherzi, ma se di fatto  fosse veramente furiosa? 
– Molto gentile da parte sua, – dice il fratello maggiore, masticando  con difficoltà. 
– Non è nulla, – risponde Milena. Dal tono di voce si capisce chiara mente che gli sta dicendo di non mischiarsi più nei suoi affari. Ron manda giù un bicchiere di champagne. 
– Qualcuno vi porterà gli abiti per le nozze di sabato. Naturalmente  li ho scelti io! Sarà tutto perfetto! Con vostra madre non ho avuto denaro  per il matrimonio ma non è mai troppo tardi nella vita! – dice il padre pas sando il braccio sulla spalla di Milena. – Col mio angelo, finalmente sarò  felice! E la renderò la donna più felice del mondo! 
– Oh, Ilya… – Milena sembra sciogliersi. Forse saranno state le  parole del padre, forse le due bottiglie di champagne che ha bevuto da sola.  Forse è un nomignolo, o magari ha dimenticato come lui si chiami. Cristof dà un calcio a Ron sotto il tavolo. 
– Dunque, è così, padre, alla vostra! – dice Ron sollevando il bic chiere in aria. 
Tutti brindano e i bicchieri finiscono. Nessuno vuole più la torta al  cioccolato che hanno appena portato i camerieri, a parte Jean che mangiuc chia le decorazioni. 
Davanti alla porta c’è una donna di circa trent’anni che tiene delle grucce  con i loro frac in una mano e una busta di carta nell’altra. La donna porta i  capelli corti, ha delle mani muscolose ricoperte di tatuaggi, indossa dei  pantaloni di pelle e guarda storto.

– Voi siete Ron e Cristof? 
Ron fa cenno di sì, stupito. È sabato mattina e quei due fratelli la  notte precedente hanno bevuto fino a dimenticare le loro pene.  – Quindi questi sono per voi, – dice lei dando loro quei pacch, poi  entra in camera. 
Ron sveglia Cristof ed entrambi guardano impauriti colei che aveva  invaso loro lo spazio. La donna si siede su uno sgabello e si accende una si garetta. Sembra che voglia parlare, tuttavia rinuncia all’ultimo. 
– Vuoi del caffè? – chiede Cristof cauto. La donna annuisce. Ron si  precipita fuori e torna con una caraffa piena. Alle sue spalle si sentono delle  urla in una qualche lingua asiatica. Ron riempie due tazze bollenti. – Io sono Mașa. Il vostro vecchio sposa mia madre. 
I fratelli si guardano presi dal panico. 
– Noi gli abbiamo detto di rinunciare, che non è cosa per lui! – Sappi che noi fin dall’inizio non siamo stati d’accordo!  
– Ti giuro che non è per approfittarne, non è per i soldi, è solamente  cretino! 
Mașa li guarda perplessa. Stringe la sigaretta scuotendo la testa. – Io volevo... pregarvi… – dice lei lasciando cadere lo sguardo verso  terra. Di tenerlo perché non fugga. Tutti fuggono via velocemente. Siamo  rimasti tutti sorpresi dal fatto che sia apparso uno sufficientemente pazzo  da chiederla in sposa. Ha anche lei una certa età. 
I fratelli si guardano a lungo, poi compaiono dei sorrisi sulle loro  facce. 
– Beh, se è per questo, stai tranquilla sorella! Per questo non scappa,  è una causa persa! 
– Se lo sbatti fuori dalla porta, torna dalla finestra! – ride Ron. – È un collante per le donne! Gli dai un po’ d’attenzione e non se ne  va più!  
A Mașa si inumidiscono gli occhi. 
– Credevo che questo giorno non sarebbe mai arrivato! Vederla alla  fine felice! Da quando ha spinto giù mio padre dal balcone, niente è stato  più lo stesso! 
I sorrisini dei due fratelli si congelano sui loro volti. 
– Spinto giù dal balcone? 
Mașa li guarda perplessa: 
– Quello… è stato un incidente, – mette giù la tazza e si rialza. – Ci  vediamo domani alle 9. Dice lei e poi scompare. 
I due bevono il caffè dalla stessa tazza fumando in silenzio.  Nell’hotel di fronte, le tende sono socchiuse e non si intravede nessun mo vimento. 
– Credi che dopo le nozze ci lasceranno questi vestiti? 
– Mmm, sì.

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