View Colofon

Abbiamo sempre vissuto in questo paese

Translated from ES to IT by Ilaria Garelli
Written in ES by Aixa De la Cruz Regúlez

Abbiamo cambiato pelle. È quanto dico a me stessa, riflessa nello specchio d’acqua d’abbeverata che ci regala la pila. Non ci sono più vacche in paese, quindi l’abbeveratoio è nostro, come quasi tutto intorno a noi. Nostro e di nessuno. Patrimonio di quelle che qui risiedono e resistono. Mia figlia ha rimasugli di fango e foglie secche nei capelli e mi si aggrappa al corpo come un animaletto. Da tanto non usiamo il passeggino perché il selciato lo rende inutilizzabile, quindi i miei muscoli si sono modellati a lei, al suo peso e alle sue forme, forgiandone di nuove, atletiche, impensabili. Non sono più una donna magra. Sono un albero maestro.

È sabato mattina e abbiamo appena finito di perlustrare i fossati della zona in cerca di erbe medicali, che io chiamo erbe delle streghe perché mia figlia conosca la stirpe da cui proviene. Guarda, quell’arbusto nauseabondo, è una ruta; assunta in dosi ridotte allevia la sindrome premestruale, mentre in dosi elevate è un potente abortivo, fra i più usati all’epoca in cui ci davano fuoco perché cospiravamo contro i nostri uteri. Mia figlia ha un anno e mezzo e gli esperti convengono che, sebbene non padroneggi ancora il linguaggio umano, abbia imparato quello delle piante. Identifica a distanza prodigiosa l’arancio fosforescente della calendula, distingue il malva delle malve e il malva della cicoria, e oggi si è lanciata dalle mie braccia su di un arbusto semi nascosto fra i rovi, anonimo nel proliferare stupefacente della vegetazione, ma al contempo messo in risalto da un fluido invisibile, lo stesso che emanano i precipizi. L’ho fermata appena prima che le sue manine si impregnassero di stramonio. Quello no, piccola. Le trombe degli angeli non fanno un bell’effetto. Provocano amnesia anterograda. La scopolamina è una specie di tromba degli angeli. Un tempo la usavano le streghe per volare, applicandosi unguenti afrodisiaci con i bastoni delle loro scope, mentre oggi la usano gli uomini per violentarci.

Mi ha guardato attenta, ma siccome non si allontanava dal pericolo l’ho sollevata in aria con i miei nuovi muscoli da atleta e abbiamo preso la via del ritorno. È sabato mattina e un paio di mesi fa lo avremmo trascorso passando in rivista gli scaffali di Tiger: gomme per cancellare a forma di coniglio, conigli di plastica, arbusti di plastica in vasi a forma di coniglio, nessun vero coniglio in vista. Adesso spuntano al ritmo dei nostri passi; ci salutano a zig-zag e noi contraccambiamo il saluto. «Tao.» Questa è la prima parola della nostra lingua comune, e così ci rivolgiamo agli animali selvatici: Tao, non siamo più né consumatrici né merci. Siamo trottatrici di strade sterrate, come voi.

Se affermo che abbiamo cambiato pelle è perché davvero il nostro aspetto è diverso. Abbiamo la lucentezza della posateria usata, il valore svilito degli argenti. Intendo dire che ci laviamo appena una o due volte al mese nella pila d‘acqua sterile come il ghiaccio, indossiamo pratiche tute da sci e ostentiamo una bellezza indiscutibile perché non c’è più nessuno che la possa giudicare. Quando i capelli sono sporchi li cospargiamo di farina di frumento, che assorbe il grasso, e poi soffiamo talmente forte che la polvere si volatilizza intorno a noi e sembriamo spiriti. Da quando ce ne siamo andate dalla città, tutto quello che facciamo è un gioco. Giochiamo a rastrellare le foglie secche del giardino. Giochiamo ad annaffiare le piante della serra. Giochiamo a toglierci le zecche gonfie dalle caviglie. Siamo come saremmo tutti se nessuno ci osservasse, ma c’è sempre qualcuno, sempre. La settimana scorsa ci ha fatto visita una donna che si è presentata come tecnico del nostro comune di appartenenza - ho notato che, ultimamente, gli assistenti sociali evitano di identificarsi come tali, alla stregua di agenti segreti - e ci ha regalato un paio di bottiglie d’acqua e alcuni moduli per iscrivere la bambina all’asilo nido locale.

«Se il problema è il trasporto, c’è lo scuolabus», mi ha detto, e mi ha fatto ridere, perché se il problema non fosse stato il trasporto di certo non staremmo abitando in un paese fantasma. L’ultimo nostro vicino di casa, un signore di 87 anni che viveva insieme alla sua setter chiamata con disprezzo Cagna, si trasferì in città quando non gli rinnovarono la patente di guida perché in questo posto, senza automobile, hai a disposizione solo le tue gambe. Non ci importò: era un vecchio molto antipatico che si lamentava che le nostre galline razzolassero nelle case abbandonate lustri addietro dai suoi familiari, ma l’ingiustizia è ingiustizia perfino quando si accanisce contro quelli che non amiamo.

«Non intendo scolarizzare la bambina fino a quando non sarà obbligatorio» ho risposto all’assistente sociale che si fingeva tecnico, e lei ha iniziato ad annuire con un’enfasi che sembrava voler cancellare le mie parole, anziché considerarle.

«E cosa mi dici dell’anagrafe? Se chiedeste la residenza potremmo attivare le forniture. Avreste la luce e acqua corrente. È il minimo, no? Mi serve soltanto un documento. Pensa alla bambina…»

La donna era arrivata da un angolo del porticato invaso dalla cicuta e mi venne da pensare quanto lei ricordasse, con il suo cappotto raffinato e il gergo assistenzialista, quelle persone che confondiamo con il prezzemolo. Mi venne un’idea, ma mi trattenni. Presi fiato e mi trattenni. Feci lo stesso che dico di fare a mia figlia quando ha male da qualche parte: fissai lo sguardo sul profilo lontano delle montagne e aspettai che un avvoltoio solcasse il cielo. Arrivato quel momento, eravamo di nuovo sole. Libere e non identificate. Irrintracciabili. Ieri abbiamo visto una lucertola dello stesso colore dei germogli. Attraversava la strada fangosa come se avesse un bersaglio sulla schiena, ma non appena raggiunti i campi seminati si è confusa con la vegetazione. Mi ha fatto riflettere su qualcosa che intuivo da tempo. Che non sono più una donna. Sono un animale mimetico perché la mia pelle è il dorso della terra. Con il fango che si è portata dalla montagna, disegno un quadrifoglio sulla fronte della bambina e salutiamo il nostro riflesso, poiché la posizione del sole, alto vicino al campanile, ci mette premura e rimangono ancora molte cose da fare. Dobbiamo alimentare le galline, tagliare la legna per il fuoco, far bollire l’acqua e mettere su un passato di verdure dure come la pietra. A ogni imbrunire, quando accendo il fuoco, temo che le fiamme si rinvigoriscano troppo e quello che abbiamo costruito durante il giorno svanisca, ma so anche che questa paura è ancestrale e insanabile, e al contempo dico a me stessa che la nostra casa non è che un nodo di un’ampia rete connessa con il territorio, con altre donne e altre figlie che rifiutano di registrarsi in qualunque anagrafe e abbracciano le intemperie per scongiurare la minaccia o il ricatto di un esproprio. La città ci ha espulso, ma la campagna ci accoglie con la sua inerzia, cancellando i limiti fra il dentro e il fuori. Cambieremo ancora pelle e saremo mimesi di nuovi pascoli, ma, in qualche modo inspiegabile, sento che abbiamo sempre vissuto e vivremo sempre in questo paese.

More by Ilaria Garelli

Famous Blue Raincoat

And you treated my woman to a flake of your life, And when she came back she was nobody’s wife. (Leonard Cohen, Famous Blue Raincoat) In una roulotte sperduta nel deserto, un uomo tiene fra le mani una lettera. Osserva con insistenza la conclusione: «Distinti saluti, L.C.». Sembra la classica chiusura di una lettera d’affari. L’ha letta d’un fiato e dopo tante frasi decisive, appassionate, scritte con lo scopo di fare il bilancio di tutta una vita, quello che più lo stupisce è: «Distinti saluti, L.C.». Asettico. Tanto impersonale quanto una sentenza di morte in bocca a un giudice. È in viol...
Translated from ES to IT by Ilaria Garelli
Written in ES by Aixa De la Cruz Regúlez

Note sulla vita di Frances Donnell

Prologo Nel 1945, Frances Donnell, scrittrice e rinomata avicoltrice, nacque negli Stati Uniti. Nel 1983 finse di morire di lupus, malattia che la tormentava fin dalla giovinezza. Mesi dopo il suo tentativo, si scoprì che erano state tutte dicerie. In seguito a una piccola polemica, di cui tratteremo al momento opportuno, Frances rimase nell’anonimato per alcune decadi. Già nel XXI secolo, arrivò in Spagna con il fardello della malattia, che aveva continuato a opprimerla, alle spalle. Soleva dire di aver lasciato il suo paese nel momento in cui era diventata troppo vecchia per sedersi e scriv...
Translated from ES to IT by Ilaria Garelli
Written in ES by Adriana Murad Konings

Elogio dell’uragano

Mi sono sempre goduto la violenza del quotidiano: per esempio, quella di un bicchiere che si rompe nel buio. A volte mi domando se quel ricordo sia veramente mio. Rivivo la scena con un’allegria difficile da trattenere: l’oggetto che cade e si disintegra, diventa un’esplosione sorda e poi un tumulto di voci nel mezzo della notte. Mia madre che accende la luce per illuminare i vetri sparsi. La mano aperta nell’aria, sopra di me. Il rumore dello schiaffo che non assomiglia per niente al rumore del vetro contro il pavimento e la sensazione di comprendere che tutto fa parte della cerimonia. La vio...
Translated from ES to IT by Ilaria Garelli
Written in ES by Alejandro Morellón Mariano

Uccelli che cantano il futuro

Sembra un miscuglio impossibile tra un gufo, un pipistrello, un pinguino e un procione; ha le piume blu, gli occhi grandi e rossi, il becco giallo; non ha le mani bensì due piccole ali che si muovono quando si accende. Buon compleanno, dice lei. Noa pensa che sia valsa la pena comprarlo, malgrado la spesa eccedesse le sue possibilità. Ha dovuto mettere da parte dieci paghette per racimolare i soldi, ma adesso, vedendolo così emozionato, è contenta di aver rinunciato al cinema, al parco divertimenti e anche al bowling del venerdì con le amiche. Daniel tiene il pupazzo fra le mani come fos...
Translated from ES to IT by Ilaria Garelli
Written in ES by Alejandro Morellón Mariano

Bestie voi tutte dei campi

Come al solito, quella mattina si svegliò affamata. Lo starnazzare delle anatre che sorvolavano il tetto risuonò fra le pareti della stanza e la bambina si tirò su dal letto. Le anatre erano arrivate a casa di sua nonna da lontano, forse da un altro continente, sbattendo le ali. Da un giorno all’altro la bambina non era più andata a scuola e l’avevano mandata lì, dalla nonna, che abitava sulla riva di un lago, a chilometri dal paese più vicino. Non interessava a nessuno. I suoi genitori cercavano intimità o stavano lavorando laggiù in città, non era chiaro. Quello di cui non dubitava era il bo...
Translated from ES to IT by Ilaria Garelli
Written in ES by Adriana Murad Konings
More in IT

La trilogia del sesso errante

Davanti alla porta della signora Nicoleta c’era tanta gente venuta ad accompagnare il signor Titi nel suo ultimo viaggio, signor Titi che, anche se alzava spesso il gomito, era un brav’uomo, uomo di buona compagnia, grande disgrazia per sua moglie, gente giovane, non sai mai cosa ti riserva il Signore, ma guarda ha avuto cura di lui la moglie, tutto il giorno con la pezza umida sulla sua fronte, e l’ha portato da tutti dottori, e guarda ora, con che orgoglio lo accompagna, vedessi il legno della bara, acero mi pare, e per tre giorni ha avuto donne in casa che l’aiutassero col pranzo funebre, e...
Translated from RO to IT by Andreaa David
Written in RO by Cristina Vremes

L’Impero romano in 100 date

9 d.C. 11 settembre. Al termine di una cruenta battaglia durata oltre tre giorni  nella foresta di Teutoburgo, nella Germania settentrionale, tre intere le gioni romane, comandate dal governatore Publio Quintilio Varo, vengono  annientate da una coalizione di popolazioni germaniche guidata da  Arminio, capo della tribù dei Cherusci. Lo shock provocato a Roma dalla  notizia è enorme: in seguito alla sconfitta Augusto decide di evacuare tutti  i territori compresi tra il Reno e l’Elba, conquistati da Druso e poi da  Tiberio (i figli della moglie Livia, nati dal primo matrimonio con Tiberio  Cl...
Written in IT by Fabio Guidetti

24

17 22 dicembre 2014, Diario de Vida     La natura spettrale di Plaza de España consisteva nel suo rispecchiare la magnificenza di una civiltà precedente, che nell’epoca moderna non aveva più senso.  Che se ne fa la forza colonizzatrice di una piazza così importante, pomposamente suddivisa nelle province spagnole, pensata per celebrare tempi passati? Le carrozze giravano attorno alla fontana, offrendo ai turisti di giocare alla nobiltà per pochi soldi. Bene, almeno qui non ci sono segway. Un cavallo sfruttò la distrazione del cocchiere, si liberò dal giogo e corse al galoppo verso la propria ...
Translated from SR to IT by Sara Latorre
Written in SR by Marija Pavlović

Anche se non puoi vederne che una goccia

The white cracker who wrote the national anthem knew what he was doing.  He set the word “free” to a note so high nobody can reach it.   That was deliberate.  Angels in America (Tony Kushner) Io e mio padre eravamo per strada verso l’aeroporto. Andavo per un mese  in America e per lui venire a salutarmi era questione di vita o di morte. Stavo andando a Charleston, una cittadina sulla costa del South  Carolina. Mio padre mi chiese che aspetto avesse il posto e in quel mo mento realizzai di non aver googlato nemmeno una foto.  Sapevo soltanto che c’era stata una sparatoria, nel seminterrato di...
Translated from NL to IT by Antonio De Sortis
Written in NL by Rebekka de Wit

Fili

La ricerca inizia senza volerlo. Mi sento legata a lei in maniera allarmante, inspiegabile, e la sua scomparsa mi lascia carica di domande. Quando mi sveglio mi chiedo dove dorma e che vita faccia, e continuo a pensare a lei mentre osservo le nuvole dalla finestra sul tetto e mi masturbo tra le lenzuola, una sensazione morbida e lanuginosa. Quando passo davanti alle bancarelle della frutta del nostro quartiere sfioro le arance con la punta delle dita finché non ne trovo una che mi ricorda lei, con la pelle perfetta. Ero finita nel suo corso per via di un dolore persistente al collo. Il chine...
Translated from NL to IT by Francesco Panzeri
Written in NL by Hannah Roels

Cambiamento

«Voi prendete l’ascensore, io scendo per le scale» esclama il giovane dottore e si precipita giù facendo tre gradini alla volta. Non può non farcela. Qualche settimana prima, la madre che aveva appena partorito si rivolse al pediatra: il bambino piangeva di continuo. Alla prima visita si sentì dire: «Signora, gli dia da mangiare tutto in una volta, alla fine si calmerà». Nel secondo ambulatorio le dissero: «Non è che una colica. Lei elimini i fritti, il suo latte migliorerà e il bambino smetterà di strillare così». Nello studio privato il medico si mise soltanto a ridere: «Perché mai n...
Translated from PL to IT by Giulio Scremin
Written in PL by Joanna Gierak Onoszko